martedì 6 maggio 2008

portogallo.



atterri a Porto e ti appare proiettata nel 2030, subito osservi come anche da queste parti i servizi siano nettamente superiori.
ti prelevano appena scendi nella sezione metro e ti mettono sulla linea adatta, direzione centro città.
esci a Sao Paolo e sei catapultato indietro nel tempo di un centinaio di anni almeno, ti volti e vedi l'azzurro del rio che costeggia Porto, dietro di te infine salite nocciola, ai lati meravigliose viuzze talmente piccole che ti chiedi come le macchine possano entrarvi così alla perfezione e così velocemente, istintivamente dubiti dell'effetto ottico.
risali lentamente sino a praça da Libertade e poi giù a picco, improvvisamente, dalla cima, discese e colori e profumi e ti pare quasi che potrai fermarti solo ai piedi di una via qualsiasi che è il Rio, e poi è Ribeira e il mondo cambia, e la percezione del tempo cambia.
il passo si fa istintivamente lento ad osservare gli intonachi vecchi e scrostati, dignitosi e pieni di vita, ci si protende nelle porticine larghe 50 cm e alte 1 e 60, blu, si assorbe ogni odore ed ogni essenza, si guardano i pescatori stanchi alle porte di minuscoli bar e le donne che cucinano all'aria e ti sorridono invitanti, come le meretrici degli angoli mai nascosti, tornite e allegre.
a Ribeira ci si perde con assoluta gioia, a Ribeira si seguono gli splendidi odori di cucina di pesce e pane e dolci e spezie, ci si ferma con gli odori, o per il vino verdhe regalato o per la musica o le danze improvvisate e allegre, spontanee, non turistiche, i turisti sono più su, molto più su.
a Ribeira c'è povertà dignitosa, e ci sono i sorrisi più belli della città, e li osservi tutti e tutti indicano il Rio e il tram e le fabbriche di porto generose.
a Ribeira tutto è obliquo e scosceso, tutto è nocciola e scrostato, tutto è meravigliosamente vecchio, tutto è mestiere, ciabattini, pescivendoli, baristi d'altri tempi, pellettieri, librai.
librai..qui scopri che Ricardo Reis è uno pseudonimo di Pessoa e tu, imbecille, hai lasciato dentro una libreria un'edizione autografia di opere di Reis, senza riconoscerlo, così, ti attiravano altre cose.
Ribeira è malinconica vista dal monastero, la si lascia con tristezza, a caso, col viso voltato tra gli alberi dell'Altalejo, percorri la statale tra l’odore penetrante di pini e querce, scegli dove fermarti, dove sostare, sorridi ai piloni messi apposta per le cicogne che costruiscono nidi di rami, enormi giacigli sopra le teste dei contadini e il verde dei campi e i carretti trainati dai buoi e i fiumi e le valli.
Poi arrivi a Nazarè e lì ti fermi.
È una città, non verrebbe voglia di fermarsi subito, perché città, poi passi vicino all’oceano ed è un’esplosione di blu e di bianchi, bianchi e blu e azzurri delle case e viuzze talmente strette da poter toccare entrambi i muri in lungo con un sol braccio e di nuovo odori e suoni e musiche e donne dai 7 veli colorati alle gambe e i sorrisi dei bimbi fuori da ogni vicolo in cui giocare a nascondino è il sogno di ogni bimbo, perchè laggiù i bimbi giocano ancora a nascondino e con le bambole sedute nelle sedie di paglia a far prendere loro il thé e a calcio ed è bello pensare che ancora si faccia e non esista solo play station o similari...
E ti fermi in spiaggia lentamente, assapori ogni rumore, l’oceano fa un rumore splendido, un gorgoglio profondo e continuato, sino al frastuono assoluto della tempesta.
Attendi, poi sono le 6 e i pescatori tornano in porto, le barchette colorate di nero a strisce blu, i berretti appuntiti simili a Venezia, sorridenti e le donne ai moli, in attesa, un rituale quotidiano che dimentica ogni attività, sono tutti al porto, tutti danno una mano, tutti si allungano alle casse di sardine e granchi e gamberi e aragoste, e tutti si spostano lenti in spiaggia più a sud, come una processione quotidiana, un vivere del mare ai loro ritmi, lenti aprono le sardine e le mettono al sole ad essiccare su essiccatori di legno semplicemente, così, all’aria, al mare, non immagino nessuno che possa venire a rubarne qualcuna.
Stessa fine i polipi, i granchi li offrono ai passanti, ad una miseria spesso gratis alla fine della serata, il prezzo va a viso, va a sorriso ed a rispetto dimostrato.
Va a viso anche la pensione d’azulejos in cui abbiamo dormito. Un viso da poco od una cortesia immensa. Un sorriso al mattino. Ed è di nuovo vicoli bianchi come il latte, ed ogni giorno danno una sensazione di diverso, di nuovo.
E poi via fino alle bocche dell’inferno, dove l’oceano non è mai calmo e ancora pini ed abeti e querce e piccoli paesi dai nomi ignoti e piccoli ristoranti ed altri sorrisi ed altri caffè e provare a fare il caffè con i vecchi per vedere l’Italia e la differenza e poi Lisbona dai ponti infiniti, Lisbona malinconica ma vestita a festa per i turisti, Lisbona città grande che perde un po' in genuinità.
Lisbona e l’alfama, dove il fado è perso in locali turistici, dai menù turistici e un Rio enorme ed inquinato, triste e spento.
Lisbona e qualche piacevole pezzo di Nuoro e dintorni per una birra, per caso.

Lisbona e il ristorante degli operai dove non ci accolgono, dove non ci guardano, dove infine ci adottano, così, per simpatia, perché da turisti abbiamo apprezzato il cibo povero ma sostanzioso e che cibo, divino, assolutamente divino con aguardente omaggio del figlio della padrona, con il caffè fatto con cura e l’invito a tornare e un obrigada sono io signora che le è piaciuta la mia cucina, io di più perché ero a casa all’estero e lei mi sorride e io penso che in Italia si sorride poco e male.
questa è l'alfama scovata per caso, dal nulla e genuina, probabilmente a ritornarvi non la troverei.
Poi viene il deserto e l’Algarve e Obidòs e la sua gingja sin dal mattino, nettare di ciligie in un paese uguale a 500 anni fa, i suoi vecchi sembrano di 500 anni e ti guardano curiosi e sorridenti, scuotono il capo con dolcezza ai nasi per aria.
e ancora un minuscolo bar lusitano visto per caso dove i vecchi siedono tra vino e carte e via, ancora, capo Sao Vincente e la fine del mondo conosciuto e l’oceano, solo oceano e surf e surf e oceano e coste altissime e conchiglie gialle e io che prendo la prima onda e solo i blu infiniti e marrone e nocciola e giallo e musiche naturali e noi, zitti.

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